BIO.SISSviluppo di un sistema per la produzione integrata di biodiesel da produzioni agricole e dallo sfruttamento dei sottoprodotti Anaptuxh enoV susthmatoV gia thn oloklhrwmenh paragwgh tou biontizel, apo agrotikeV paragwgeV kai apo thn ekmetalleush twn paraproiontwn Codice Progetto: I2101020 Titolo del progetto: BIO.SIS
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I Biocarburanti
Si definisce biocarburante “un carburante liquido o
gassoso per i trasporti ricavato dalla biomassa”. I biocombustibili sono
idrocarburi ottenuti dalla lavorazione di materie prime vegetali. Si trovano in
forma liquida (etanolo e biodiesel) o gassosa (idrogeno e biogas). Quelli in
forma gassosa non sono ancora diffusi perché non possono essere usati dal parco
auto in circolazione e necessitano di una specifica rete di distribuzione.
Pertanto, quelli più facilmente utilizzabili a breve periodo sono i soli
biocombustibili in forma liquida. L’aspetto più interessante è che si tratta di
prodotti rinnovabili, in quanto di origine agricola, e che possiamo quindi
considerare come una particolare forma di utilizzo indiretta dell’energia
solare. I due principali tipi di biocombustibili liquidi sono Oli Vegetali
(altrimenti detti bioli) estratti da piante oleaginose (colza, girasole, soia),
usati sia allo stato grezzo che trattati chimicamente; e l’Alcool Etilico,
ottenuto da culture zuccherine (canna da zucchero, mais, frumento). Quando si
fermentano cereali per ottenere il bioetanolo, i sottoprodotti della lavorazione
possono essere utilizzati nella mangimistica. Nella produzione da canna da
zucchero si ottiene un sottoprodotto, denominato bagassa, che può essere
destinato alla coproduzione di energia elettrica e calore. In alternativa, il
bioetanolo può essere prodotto a partire da biomasse di tipo cellulosico, ovvero
dalla gran parte dei prodotti o sottoprodotti delle coltivazioni. In questo caso
la biomassa viene idrolizzata per trattamento con acido solforico per produrre
zuccheri che successivamente vengono inviati alla fermentazione utilizzando
flore batteriche. Il Bioetanolo può essere aggiunto nelle benzine per una
percentuale che può arrivare fino al 30% senza dover modificare in nessun modo
il motore. Gli oli vegetali vengono impiegati per realizzare un sostituto del
carburante diesel e vengono catalogati come “biodiesel”.(Demirbas, 2006)
IL BIODIESEL Il biodiesel (FAME: Fatty Acid Methyl esters) è per definizione un estere metilico derivante dalla transesterificazione con metanolo di oli vegetali in catalisi alcalina. Gli esteri sono composti organici prodotti dalla reazione di condensazione tra un alcool con un acido carbossilico. La spremitura di semi di girasole, colza, soia e di altre coltivazioni, permette di ottenere due principali prodotti: da un lato un olio grezzo (ricco di impurità) e dall’altro un residuo contenente un’alta concentrazione di proteine. Questo secondo prodotto può presentarsi sotto forma di “pannello proteico” ed è impiegabile nell’industria mangimistica. L’olio grezzo deve essere raffinato dando luogo a una parte di scarti ancora reimpiegabili nella filiera dei mangimi. Se si considera l’olio di colza, in Europa centrale da 1 ha di terreno si ottengono 1,2 t di olio, che vengono interamente trasformate in biodiesel. Come sottoprodotto della macinazione della colza, si ottengono inoltre circa 2 t di mangime ad alto valore proteico, mentre dall’esterificazione dell’olio si ricavano 100 kg di glicerolo e circa 30 kg di concime potassico.(Mittelbach, 1996). L’olio raffinato è una miscela di esteri metilici degli acidi grassi che può essere utilizzato direttamente come carburante per motori diesel leggermente modificati o essere trattato chimicamente per renderlo simile al gasolio (transesterificazione). La reazione comporta la scissione del trigliceride in prodotti di reazione più semplici rappresentate dagli esteri che costituiscono il biodiesel.(Fukuda et. al.,2001) Una
volta effettuata questa lavorazione si ottengono i due prodotti finali: da un
lato il biodiesel, dall’altro la glicerina, un composto organico che si presenta
sottoforma di liquido denso e viscoso, il cui impiego è noto in numerosissimi
campi, da quello alimentare a quello cosmetico. La resa può essere migliorata
spostando l’equilibrio chimico verso i prodotti di reazione impiegando un
eccesso di alcool come reagente di solito in rapporto 6:1 oppure allontanando il
glicerolo. (Kurzin et al.,2007) Il bilancio di massa è: 1000
kg di olio raffinato + 100 kg metanolo =1000kg biodiesel +100 kg glicerolo La
prima fase del processo produttivo è l’ottenimento dell’olio grezzo che si basa
su un processo di estrazione che può essere effettuata con metodi fisici
(macinazione e spremitura) e/o chimici (mediante l’azione di solventi come per
esempio l’esano). Di solito si procede a processi combinati, dapprima fisici e
successivamente chimici. Prima di tutto i semi da cui sarà estratto l’olio
vengono puliti al fine di eliminare tutte le impurità presenti (terra ,sassi,
ecc.). Essi sono poi decorticati (ossia eliminati i tegumenti) e macinati. Segue
l’estrazione per spremitura. Queste fasi richiedono macchine non molto spinte e
quindi impianti non sofisticati dal punto di vista tecnologico. Per aumentare la
quantità di olio grezzo all’estrazione meccanica segue quella chimica con
solventi. La tecnica più usata è quella che prevede flussi di materia in contro
corrente. Il sottoprodotto di questa fase è rappresentato dal pannello proteico.
La reazione di transesterificazione avviene in esterificatori, il processo
avviene a temperatura di circa 60 °C. Vengono utilizzati reattori in cui l’olio,
l’alcool ed il catalizzatore, rappresentato da NaOH (idrossido di sodio),
vengono continuamente miscelati per favorire il contatto tra i reagenti.
Terminata la reazione, il catalizzatore viene neutralizzato e l’alcool
allontanato. Si provvede in seguito alla purificazione del biodiesel eliminando
il glicerolo prodotto. (Van Gerpen, 2005).
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